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Mimosa Misasi: la chef che a Milano sta rivoluzionando il catering in Italia (storia, stile, filosofia)

  • Immagine del redattore: Ginevra Ferrari Ardicini
    Ginevra Ferrari Ardicini
  • 18 nov
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 19 nov

Napoletana d'origine, milanese d'adozione, laureata in Lettere Moderne e Storia dell'Arte ha poi concluso il suo percorso studi alla Scuola Internazionale di Cucina Italiana Alma di Gualtiero Marchesi. Ad oggi e' tra le chef piu promettenti d'Italia, grazie al suo catering dall'estetica colorata e chic, e dai gusti inconfondibili, che fanno capire a chi sta assaporando tutta la ricerca dietro ad ogni singola ricetta e menu'. Mimosa Misasi ha reso il 'corporate' catering a Milano cool - invece che monotono, poco buono e IMHO brutto - mette al centro della sua filosofia la sostenibilita', le relazioni e l'autenticita'. Scopriamo insieme il suo percorso professionale e come trovare ispirazione da cio' che ci circonda.


“Mia nonna e' l’emblema della femminilita', dell’eleganza e della semplicita'. E' sempre stata di grande ispirazione.”



Mimosa, come ti rappresenta il tuo nome?

E' il nome di mia nonna, che oggi ha 99 anni: per me e' l’emblema di femminilita', eleganza e semplicita'. Ho sempre aspirato a diventare la sua idealizzazione — pur con i suoi difetti umani — perche' e' composta, discreta e prorompente.


E' stata tua nonna a trasmetterti la passione per la cucina?

Mi ha trasmesso buone maniere e rigore: viene da una famiglia di albergatori a Viareggio e mi raccontava delle cucine e dei balli di allora. Da lei ho imparato la tavola e l’organizzazione — come si apparecchia e si sparecchia.“In famiglia cucinare e' sempre stato un linguaggio, un modo di comunicare.”


Quando e' scattata davvero la scintilla per la cucina?

In famiglia cucinare e' sempre stato un modo di stare insieme. Alle medie preparavo pancake, muffin e torte per le amiche. All’universita' studiavo Lettere moderne (indirizzo storia dell’arte), ma mi accorgevo che preferivo i libri di tecnica di cucina: tagli, cotture, sfilettamenti, classificazioni di verdure e proteine. Una mia cara amica mi disse: “Ma perche' stai studiando Lettere?”.


Formazione professionale: come sei entrata nel mondo dell’alta cucina?

Ho scelto una scuola professionale seria, dove ho imparato disciplina e puntualita'. Ero cosi' presa che seguivo anche classi extra, iniziando alle 5 del mattino per fare il pane. Ho fatto subito un’esperienza in ristorante stellato, di solito prevista dopo il corso base. E' stato duro ma formativo: e' come l’agonismo, ti chiedono sempre il massimo. Mi sono diplomata con il miglior punteggio e progetto del corso.


“Amo la cucina, ma amo me stessa di piu'.”

Cosa ti ha fatto cambiare rotta?

Mi sono scelta. Ho lavorato sei mesi con Marinella Rossi di Mari&Co' (Milano), pioniera e prima donna stellata in Italia. Poi, a 25 anni, ho aperto la mia societa': niente “opzione B”. Il mio mindset e' “o va bene, o va bene” — se cadi, ripari e vai avanti.


Che feedback ricevi dalle giovani che ti seguono?

Mi scrivono due profili: chi vuole cucinare (poche) e chi vuole fare event management. Spesso c’e' una distanza tra cio' che immaginano e la realta': gli eventi non sono “light”, richiedono testa fredda anche quando tutto sta crollando. E' li' che devi farti vedere dal cliente col sorriso come se avessi tutto sotto controllo. Serve decisione, disciplina e cura di se'.


“Dire di no e' fondamentale per proteggere la propria identita' e la qualita' del lavoro.”



Come gestisci i clienti difficili?

Ascolto, mostro che siamo dalla stessa parte e propongo alternative senza scontro. I piu' difficili non sono quelli con gusti diversi, ma quelli che svalutano il lavoro pensando che tutto sia facile e a basso costo. Dire “no” ad alcuni progetti e' una forma di rispetto per entrambi.


In cosa ti sei differenziata nel mondo catering?

Ho voluto “nobilitare” il catering portando tecnica da ristorazione stellata in grandi numeri, senza plastica e con una forte ricerca estetica. Ho investito fin da subito nella comunicazione: se non racconti bene cio' che fai, non arriva.


Come hai costruito il team?

Ho insegnato in un’alberghiera quando ero all’inizio e da li' e' arrivata la mia prima stagista. La social media manager l’ho conosciuta tramite Mari&Co': designer preparatissima. Credo nel crescere le persone nel tempo, con stima reciproca e fiducia.


“Collaboro con chi ama davvero la terra. Il mio riso arriva da un ragazzo del Lodigiano che ha bonificato tutto e fa regenerative farming.”


Fornitori: come li scegli e che rapporto hai con loro?

Ricerca, presenza ai mercati all’alba, relazione diretta. Loro capiscono che lavoro fai guardandoti scegliere. Uso pochissima carne e poco pesce, sempre speciali e sostenibili — niente tonno, polpo o prodotti non etici. Collaboro anche con un giovane produttore del Lodigiano che ha convertito l’azienda di famiglia al biologico con pratiche di regenerative farming: ha bonificato i terreni e introdotto colture di riso sostenibili. Il suo riso rigenerativo e' una base che amo utilizzare nei menu': genuino, locale, etico.


Organizzazione: come lavori tra ufficio e laboratorio?

Siamo 12 fissi, piu' part-time ed extra. Ufficio e laboratorio sono in zone vicine di Milano per essere agili con i clienti. Faccio team building a coppie a rotazione, riunioni settimanali e mensili: voglio che le persone stiano bene — la sostenibilita' sociale e' centrale.


“Craving e' la mia parte piu' leggera e sperimentale: un contenitore di idee, collaborazioni e format accessibili.”



Una seconda linea piu' accessibile e "standardizzata", pensata per target giovani, brand emergenti e uffici. E' nata come esigenza di business piu' scalabile e contenitore di sperimentazioni e collaborazioni. Condivide i fornitori e gli standard di qualita' di Mimosa Milano, ma con preparazioni piu' snelle e costi ottimizzati, anche tramite riuso intelligente delle lavorazioni.


Ispirazioni e viaggi: cosa ti ha influenzata di piu'?

Un grande amore per il Marocco, nato sui libri e poi nei viaggi: cucina femminile, intreccio di culture, fattore umano. Ho studiato “banchetti letterari” e intervistato cuoche. Nell’arte, la retrospettiva su Gerhard Richter a Parigi mi ha liberata: in 50 anni ha cambiato tecniche e linguaggi, insegnandomi che l’evoluzione e' coerenza ai propri valori.


“A Napoli torno per mangiare e per ricordare. Le alici fritte di Cap’alice sono un rito.”


Ristoranti e piatti che ti hanno segnato di recente?

Emozioni forti da degustazioni diverse (da Eugenio Boer a Mattia Spadone e Niko Romito) che diventano come lampadine, ad un certo punto si illuminano nel mio cervello e prendo ispirazioni dagli assaggi che ho fatto nel tempo.

Milano old school: Locatelli (via Camperio), Trattoria del Nuovo Macello.

Milano new school: Torre (Eugenio), Cucina Franca, Spore, Botoi, Sandi'.

Napoli: MiMi alla Ferrovia, Cap’alice (alici fritte da urlo), classici come Calasole.


Come vedi l’evoluzione di Mimosa Milano e di Craving?

Mimosa Milano non punta a scalare: voglio qualita' e controllo. Stiamo tornando a una semplicita' consapevole — pochi elementi, preparazioni curate, gusto netto — e lavorero' su allestimenti piu' teatrali e immersivi. Craving, invece, ha un format flessibile che puo' espandersi altrove: processi chiari, veloci, menu semplici ma con identita' forte.


“Il mio comfort food? Pasta, patate e provola. Ma la mia firma sono le omelette.”


“Fire questions” finali

  • Piatto preferito da mangiare: pasta, patate e provola (comfort assoluto).

  • Piatto da fare: omelette — le adoro, le faccio a occhi chiusi e mi ricordano un complimento di Michel Magadan, lo chef francese con cui mi formai.

  • Dispensa di casa: formaggi e taralli, olio buono.

  • Erbe e spezie must: timo, maggiorana, origano tostato, capperi, spezie marocchine e semi di finocchietto tostati sul baccala' mantecato.

  • Musica in cucina: da classica a rock — “Purple Rain” in testa — fino ai classici americani anni ’70-’80.


“Decidi, assaggia, leggi, allenati. Proteggi te stessa mentre costruisci competenza.”


Un ultimo consiglio a chi vuole entrare nel settore?

Decidi e mettiti in gioco: studia, assaggia, leggi, allenati. Proteggi te stessa mentre costruisci competenza. Impara a dire “no”, investi (anche poco) nell’immagine e circondati di fornitori e persone che rispecchino i tuoi valori.


Puoi seguire Mimosa su instagram e trovare il sito di Mimosa Milano qui



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